sabato 25 maggio 2019

La necessità di un "deposito" di ricordi e di idee


La difficoltà di organizare i ricordi è stato da sempre uno dei motivi per cui si è cercato di creare uno spazio in cui fosse possibile custodire una quantità innumerevole di dati: l’archivio. Esso deriva dal greco arkeîon, denominazione del palazzo del magistrato, dove era naturale che ,accanto a colui che deteneva il potere, fossero conservati i suoi documenti.

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Archivio bancario di Napoli (il più antico del mondo)

Un esempio di archivio nel libro di Ray Bradbury è quello in cui sono riportati i titoli delle opere bruciate e di quelle non ancora sequestrate: in questo modo, il regime in cui vive Montag avrebbe potuto agire in modo mirato ritrovando gli scritti ancora in circolazione.
Tuttavia, l’archivio ha subito un’evoluzione nel corso del XIX secolo, passando dalla sfera analogica a quella digitale. Ciò ha provocato in alcuni casi, eventi di dispersione e incompatibilità tra i documenti e ha senza dubbio inibito la nostra facoltà di ricordare poiché sempre più ci affidiamo ad apparecchi multimediali.

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Memoria digitale
Ma la memoria digitale ha un limite? La risposta è ovviamente si. Infatti, Sin dagli anni ’60 sono sorti i primi segnali di preoccupazione riguardo l’obsolescenza dei sistemi informatici e la possibilità di smarrire gli stessi ricordi.
In conclusione, la memoria rappresenta le fondamenta della società, ricorda agli uomini le loro origini, gli errori commessi e le
conquiste ottenute. Ed è proprio per questa ragione che dovremmo custodirla con molta più cura, come se fosse il quadro di maggior valore all’interno di una galleria d’arte, e non far si, invece, che tutto venga relegato ad uno spazio esauribile che ne cancellerebbe ogni traccia.

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